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Vaccini, cosa sono?

8 Maggio 2020
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vaccino

Vaccini

medicinali biologici



Vaccini?

Cosa sono?


vaccino

I vaccini sono una risorsa preziosa per i cittadini e per i sistemi sanitari per l’immunizzazione contro le malattie infettive prevenibili. Sono rigorosamente controllati in tutte le fasi del loro sviluppo, dal laboratorio alla pratica clinica.

I vaccini sono medicinali biologici che hanno lo scopo di prevenire una o più malattie infettive attraverso la stimolazione del sistema immunitario (produzione di anticorpi, attivazione di specifiche cellule) e la conseguente acquisizione della cosiddetta “immunità attiva”.

Le “sostanze attive” dei vaccini sono costituite da:

  • microrganismi (batteri o virus) opportunamente inattivati o uccisi in maniera tale da stimolare il sistema immunitario senza causare la malattia
  • parti specifiche (antigeni) dei microrganismi che sono coinvolte direttamente nella risposta del sistema immunitario a quel patogeno
  • sostanze prodotte dal microrganismo stesso (tossine) e coinvolte nel meccanismo con cui quel patogeno determina la malattia, rese sicure ed efficaci attraverso il processo di produzione del vaccino

In alcuni vaccini, queste componenti attive sono prodotte a partire da microrganismi diversi da quello che causa la malattia, per mezzo di specifiche biotecnologie.

Oltre alle componenti attive, alcuni vaccini contengono delle sostanze “adiuvanti”, cioè in grado di facilitare un’adeguata risposta del sistema immunitario con minori quantità di antigene.

Ci sono poi alcune formulazioni che prevedono sostanze conservanti e/o stabilizzanti, necessarie a mantenere inalterate le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche dei prodotti. Infine, possono essere presenti delle tracce di sostanze utilizzate nel processo di produzione del vaccino, ad esempio proteine dell’uovo o sostanze utilizzate per inattivare alcuni virus e tossine batteriche.

Le quantità delle sostanze adiuvanti, conservanti e stabilizzanti contenute nei vaccini, nonché delle tracce residue della lavorazione devono rientrare nei limiti di legge stabiliti.




  • A cosa servono i vaccini
  • Come agiscono i vaccini
  • Come si classificano i vaccini
A cosa servono i vaccini

I vaccini rientrano fra le strategie di prevenzione primaria delle malattie infettive e vengono somministrati in soggetti a rischio di esposizione a un determinato microrganismo prima che questa esposizione avvenga, per evitare che la malattia si manifesti.

Alcuni vaccini, come quelli per il tetano o per la rabbia, vengono utilizzati anche come strategia di prevenzione secondaria, cioè dopo che si è venuti a contatto con l’agente patogeno (profilassi post-esposizione), per limitare la gravità della malattia. Questa è, tuttavia, una procedura di emergenza e non sostituisce la vaccinazione primaria, che rappresenta la strategia di prima scelta.

Ci sono poi dei vaccini che vengono utilizzati come forma di prevenzione contro alcuni tipi di tumore di origine infettiva. Esempi di questa tipologia sono le vaccinazioni anti-virus dell’epatite B e anti-papillomavirus umano, impiegati per la prevenzione rispettivamente del carcinoma epatico da cronicizzazione del virus dell’epatite B e dei tumori del collo dell’utero e dell’ano.

Negli ultimi anni, oltre alla classica tipologia di vaccino a scopo “profilattico”, sono in corso di studio vaccini a scopo “terapeutico”. Questi si utilizzano in soggetti con specifiche malattie, in particolare nell’ambito oncologico, e rappresentano un approccio promettente: stimolare il sistema immunitario del paziente per attivare le risposte difensive dirette contro le malattie neoplastiche.

Come agiscono i vaccini

In termini generali, i vaccini inducono una risposta del sistema immunitario della persona vaccinata (immunizzazione) simile a quella causata dall’infezione naturale o più in generale dal contatto con il virus o il batterio presente in natura, senza innescare i meccanismi che sono alla base dei segni e dei sintomi della malattia naturale.

Per immunizzazione e in particolare per immunità attiva si intende quel processo attraverso il quale il nostro sistema immunitario impara a conoscere i microrganismi e a rispondere alla loro presenza in maniera rapida ed efficace al fine di neutralizzarne gli effetti nocivi. Si tratta di un evento complesso legato all’interazione fra l’agente patogeno e le cellule del sistema immunitario, che può avvenire o in seguito all’infezione/contatto con il microrganismo “selvaggio” o in seguito a una vaccinazione.

Il sistema immunitario è costituito da un insieme complesso di cellule circolanti (globuli bianchi) e di organi (midollo osseo, linfonodi, milza) che agisce, in termini generali, come difesa del nostro organismo. Il principale compito del sistema immunitario è quello di riconoscere come proprio tutto ciò che appartiene all’organismo e come estranee le cellule di altri organismi in maniera da potersi difendere, se necessario.

Le cellule che partecipano allo sviluppo dell’immunità acquisita indotta dal vaccino o dalla malattia sono essenzialmente quelle ad azione fagocitaria (macrofagi, cellule dendritiche) e i linfociti. Questi ultimi si distinguono a loro volta in linfociti di tipo B, in grado di produrre gli anticorpi (immunità umorale), e linfociti T, che intervengono direttamente o indirettamente sulle cellule infettate (immunità cellulo-mediata).

Una parte dei linfociti attivati si trasforma in cellule della memoria ed è in grado di persistere nel tempo allo scopo di poter fronteggiare un successivo attacco da parte del microrganismo. Proprio questo meccanismo di selezione e mantenimento di cellule della memoria per ogni specifico microrganismo (memoria immunologica) è alla base dell’efficacia della vaccinazione e determina la capacità del sistema immunitario di ricordare quali microrganismi estranei sono entrati in contatto con l’organismo in passato e di rispondere velocemente. Senza le vaccinazioni, il corpo umano può impiegare, infatti, fino a due settimane di tempo per produrre una quantità di anticorpi sufficiente a contrastare il microrganismo in questione.

Affinché si realizzi in maniera appropriata il procedimento di cui sopra, per alcuni vaccini (principalmente quelli inattivati) è necessario fare dei richiami, ovvero ripetere la somministrazione a distanza di tempo. Il numero di richiami necessari e la frequenza con cui vengono effettuati dipendono dalle caratteristiche sia del vaccino che dell’agente patogeno.

I vaccini forniscono vari livelli di protezione a seconda della patologia che vogliono prevenire. Per le malattie non trasmissibili da uomo a uomo (ad esempio, il tetano), garantiscono la protezione della persona vaccinata (protezione individuale). Per le malattie trasmissibili da uomo a uomo (ad esempio, il morbillo), non solo proteggono la persona vaccinata, ma garantiscono la protezione della comunità, riducendo la diffusione di malattie trasmissibili all’interno di una popolazione.

L’infezione si diffonde da persona a persona quando un infetto entra in contatto con un individuo sensibile. Se il numero di persone immuni supera un valore soglia la trasmissione si arresta: questo si verifica prima del raggiungimento di una copertura vaccinale del 100%. La percentuale di individui immuni in una popolazione sopra la quale una malattia non si propaga è la cosiddetta “soglia dell’immunità di gregge”. Tale percentuale varia a seconda di una serie di fattori tra cui la virulenza e la trasmissibilità di un determinato agente infettivo, l’efficacia e la copertura complessiva del vaccino e la copertura vaccinale della popolazione a rischio.

Come si classificano i vaccini

In base alla tipologia della componente attiva i vaccini si distinguono in:

  • vaccini vivi attenuati, prodotti a partire da microrganismi resi non patogeni (ad esempio, quelli contenenti i virus di morbillo, rosolia, parotite, varicella, febbre gialla e il micobatterio della tubercolosi)
  • vaccini inattivati, prodotti a partire da microrganismi uccisi tramite esposizione al calore oppure con specifiche sostanze (ad esempio, quelli contenenti i virus di epatite A, poliomielite e influenza definito “split” o “a virus frammentato”)
  • vaccini ad antigeni purificati, prodotti attraverso raffinate tecniche di purificazione di quelle componenti del batterio o del virus che interagiscono con l’organismo (ad esempio, quelli contenenti gli antigeni dei batteri che causano la pertosse, la meningite e quelli contenenti gli antigeni del virus dell’influenza definito “a sub-unità”)
  • vaccini ad anatossine/tossoidi, prodotti nella maggior parte dei casi da quelle proteine rilasciate dal microrganismo (tossine) che sono in grado di determinare la malattia (ad esempio, quelli contenenti le esotossine dei batteri tetano e difterite)
  • vaccini a DNA ricombinante (biotecnologici), prodotti a partire dalle porzioni del DNA dei microrganismi che codificano per un determinato antigene attraverso un procedimento biotecnologico (ad esempio, quelli per l’epatite B e per il meningococco B)

I vaccini si possono differenziare, inoltre, a seconda delle componenti attive contenute, in monocomponenti o monovalenti (un solo antigene), ovvero in grado di prevenire una sola malattia, e in multicomponenti o multivalenti (più antigeni), per la prevenzione di più malattie con una sola somministrazione.

Possono essere classificati, infine, in base alla via di somministrazione in intramuscolari, sottocutanei e orali. Sono disponibili anche alcuni vaccini antinfluenzali in formulazione spray nasale (attualmente non in commercio in Italia).


  • Le fasi di sviluppo di un vaccino
  • Chi autorizza i vaccini e come sono autorizzati
  • Qualità dei vaccini prima, durante e dopo la commercializzazione
Le fasi di sviluppo di un vaccino

Lo sviluppo di un vaccino è un processo piuttosto lungo ed elaborato che parte dalla conoscenza del microrganismo responsabile della malattia che si intende prevenire e delle sue modalità di interazione con l’organismo umano. Inizialmente si effettuano studi sperimentali in vitro, in base ai quali è possibile stabilire quale sia la composizione qualitativa e quantitativa ideale di un vaccino (tipologia e quantità della componente attiva e di tutte le altre sostanze previste).

Una volta definito questo aspetto, il potenziale vaccino viene sottoposto alla sperimentazione pre-clinica che include studi in vitro e su modelli animali attraverso i quali si definiscono il meccanismo d’azione (cioè la capacità di indurre la risposta immunitaria), il profilo tossicologico e le prime evidenze di efficacia e sicurezza su un organismo vivente complesso.

Questa fase permette di selezionare la formulazione che nei modelli sperimentali è risultata più promettente: questa verrà poi avviata alla fase clinica preliminare sull’uomo. Per i vaccini multicomponente è necessario che in questa fase venga studiata inoltre la possibile interferenza fra le varie componenti attive del vaccino.

A questo punto, il vaccino entra nel percorso di sperimentazione clinica che può realizzarsi in quattro fasi: le prime tre precedono l’autorizzazione all’immissione in commercio e la quarta viene condotta quando il vaccino è già disponibile sul mercato.

Durante le prime tre fasi, viene progressivamente aumentata la popolazione trattata con il vaccino, definita la posologia (numero di dosi per l’immunizzazione primaria ed eventuale richiamo) e caratterizzata l’efficacia del vaccino o immunogenicità (la capacità di stimolare nell’uomo una risposta anticorpale specifica e sufficiente contro le componenti del vaccino) e la sicurezza o reattogenicità (il tipo e la frequenza con cui si manifestano eventuali reazioni avverse). Questi ultimi due aspetti vengono indagati soprattutto negli studi clinici di fase terza, condotti su popolazioni molto ampie di soggetti a cui sarà destinato il vaccino.

In questi studi vengono infatti confermate l’efficacia (in termini di tipologia e persistenza della risposta immunitaria, percentuale dei soggetti che rispondono efficacemente al vaccino e, quando possibile, di riduzione della probabilità di sviluppare la malattia dopo la vaccinazione) e la sicurezza del vaccino (in termini di eventi avversi attribuibili e non attribuibili al vaccino e di possibili problemi legati alle caratteristiche dei soggetti come l’età, il sesso e specifiche condizioni di salute).

In queste tre fasi, inoltre, viene esplorata la possibilità di somministrare il vaccino in sviluppo insieme ad altri vaccini già in commercio in particolari categorie di soggetti per ottenere informazioni specifiche sulle possibili interferenze in termini di efficacia e sicurezza.

Gli studi di fase terza sono:

  • controllati, dal momento che i soggetti trattati con il vaccino in studio sono confrontati con altrettanti soggetti trattati con un vaccino simile già autorizzato o con un trattamento inerte (placebo)
  • randomizzati, dal momento che la suddivisione dei soggetti fra l’uno e l’altro trattamento avviene in maniera casuale

Questa tipologia di studi rappresenta lo strumento più solido del metodo scientifico per dimostrare l’efficacia e la sicurezza di un prodotto medicinale, inclusi i vaccini, in quanto permette di attribuire con ragionevole certezza le differenze osservate nei soggetti coinvolti nello studio esclusivamente al medicinale/vaccino.

Gli studi di fase quarta (o studi post-autorizzativi) vengono condotti dopo la commercializzazione e hanno l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino nelle sue reali condizioni d’uso, di valutarne l’utilizzo in particolari sottogruppi di popolazioni e condizioni patologiche (per esempio in corso di malattie del sistema immunitario che potrebbero modificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino) e il rapporto costo-beneficio rispetto alla malattia e/o ad altri vaccini.

Tutte le varie fasi dello sviluppo di un vaccino sono necessarie a ottenere informazioni il più possibile chiare ed esaustive su indicazioni, controindicazioni, avvertenze speciali, benefici e rischi del prodotto. Poiché i vaccini vengono somministrati a scopo preventivo in una popolazione sana, è necessario che le percentuali di efficacia siano molto alte (numero di soggetti che rispondono in maniera adeguata al vaccino) e che il beneficio sia di gran lunga superiore al rischio.

Pertanto, in ogni momento di tutto questo processo, lo sviluppo del vaccino o la sua commercializzazione possono essere interrotti, qualora venga meno una sola di queste condizioni fondamentali.

Tutti gli studi effettuati durante lo sviluppo di un vaccino (come per tutti i medicinali) devono rispondere agli standard internazionali di etica e qualità scientifica previsti dalle norme di buona pratica clinica, codificate a livello globale (Good Clinical Practice, GCP).

Chi autorizza i vaccini e come sono autorizzati

Nell’Unione Europea i vaccini sono autorizzati in base ai requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia che sono stati definiti dalle linee guida europee e internazionali per tutti i medicinali, tenendo conto delle caratteristiche specifiche di questi prodotti.

I dati scientifici presentati dalle aziende farmaceutiche vengono sottoposti a una scrupolosa valutazione tecnico-regolatoria che si conclude con un parere positivo (che porta all’approvazione) o negativo (non approvazione) sul rapporto tra i benefici e i rischi legati all’uso del vaccino nell’uomo.

Dal punto di vista regolatorio esistono due procedure: quella comunitaria e quella nazionale. La procedura comunitaria può essere centralizzata (con il coinvolgimento di tutti i Paesi membri dell’UE coordinati dal Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ai sensi del Reg. 726/2004), o di mutuo riconoscimento e decentrata (in cui uno Stato Membro agisce come Stato referente, ai sensi del D.Lgs. 219/2006). Quando l’autorizzazione prevede il coinvolgimento di un solo Paese si parla invece di procedura nazionale (D.Lgs. 219/2006).

I vaccini biotecnologici (ad esempio, a DNA ricombinante) possono essere autorizzati esclusivamente con la procedura centralizzata (EMA).

In ogni caso, prima di poter essere commercializzati in Italia, i vaccini e tutti i medicinali devono ricevere l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) da parte dell’AIFA.

Qualità dei vaccini prima, durante e dopo la commercializzazione

L’AIFA segue tutte le fasi di controllo della qualità, della sicurezza e dell’efficacia dei vaccini a partire da quella di sviluppo e dall’analisi del dossier fornito in fase di autorizzazione fino alle ispezioni delle officine di produzione, alla verifica dell’applicazione degli standard di buona fabbricazione e al controllo di stato di ogni lotto prima della sua commercializzazione. Il dossier autorizzativo contiene tutti i dati di qualità inerenti alle materie prime utilizzate e il processo di produzione, nonché tutti i risultati delle sperimentazioni non cliniche e cliniche, compresi i certificati autorizzativi.

Il processo produttivo di un vaccino, come quello di tutti i medicinali, deve rispettare le Buone Pratiche di Fabbricazione (Good Manufacturing Practices, GMP) che ne garantiscono l’elevata qualità e riproducibilità.

L’AIFA conduce periodicamente ispezioni – anche senza preavviso – presso gli stabilimenti e i locali autorizzati alla produzione, al controllo e allo stoccaggio di tutti i medicinali, inclusi i vaccini, presenti sia sul territorio italiano che a livello extraeuropeo. Nel corso delle ispezioni presso officine di produzione di medicinali immunologici, AIFA verifica che i processi di produzione siano debitamente convalidati e tali da assicurare in modo continuativo la conformità dei lotti prodotti alle specifiche autorizzate nel dossier di registrazione.

Alle ispezioni che riguardano la produzione di medicinali immunologici prendono parte esperti dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Le officine di produzione di vaccini ubicate in altri Paesi dell’UE sono regolarmente ispezionate, secondo standard condivisi a livello europeo (EU-GMP), dalle competenti autorità locali. Nel caso di vaccini autorizzati con procedura centralizzata, le officine eventualmente ubicate in Paesi extra-UE sono soggette a ispezioni coordinate dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA).

Se l’ispezione accerta che il produttore ottempera agli obblighi di legge e rispetta i principi delle linee guida delle GMP, l’AIFA rilascia il relativo certificato di conformità.

I controlli vengono effettuati durante tutto il ciclo produttivo del vaccino e prima della distribuzione sul mercato di ogni lotto, secondo gli standard previsti dalle autorità internazionali (OMS, EMA, etc.) e nazionali. Tali controlli sono svolti sia dall’azienda produttrice che da una rete internazionale di laboratori accreditati, certificati e a loro volta controllati da altri enti, indipendentemente dalla nazione in cui un singolo lotto di vaccino viene distribuito (controllo di stato).

L’adeguatezza della produzione dei vaccini e l’eventuale presenza di contaminanti dovuti al processo produttivo sono verificati due volte su ogni singolo lotto prima che questo venga consegnato ai centri vaccinali. Per i lotti che superano positivamente tali controlli, l’AIFA rilascia un certificato di rilascio del lotto, che ne permette la commercializzazione, mentre quelli che risultano non conformi agli standard stabiliti non sono immessi sul mercato.

L’attività di vigilanza sulla qualità dei vaccini e di tutti i medicinali presenti sul mercato viene svolta anche attraverso la gestione delle segnalazioni relative alla eventuale presenza di difetti in uno o più lotti di medicinali o materie prime. I difetti oggetto di segnalazione vengono classificati in funzione della loro gravità e pericolosità in tre classi e qualora il difetto accertato rappresenti un rischio grave per la salute, vengono disposti provvedimenti restrittivi.

Nello specifico, l’AIFA può vietare la vendita e l’utilizzazione dei vaccini e dei medicinali in genere e disporre il ritiro dal commercio di uno o più lotti o dell’intero prodotto (art. 142 del D.Lgs. 219/2006).

Inoltre, l’AIFA conduce le ispezioni di farmacovigilanza – anche senza preavviso – presso le sedi e i dipartimenti di farmacovigilanza delle aziende, volte a valutare la conformità delle aziende con la normativa italiana, la legislazione comunitaria e le Buone Pratiche di Farmacovigilanza (Good Pharmacovigilance Practices, GVP) (D.M. 30 aprile 2015).

Un ulteriore strumento è il programma di controllo annuale della composizione dei medicinali commercializzati in Italia – disposto ogni anno con determina AIFA, sentito il parere dell’ISS – che prevede la stesura di un elenco di farmaci, inclusi i vaccini, e sostanze attive da campionare e analizzare per verificarne la rispondenza alle specifiche di qualità autorizzate e riportate nel dossier di registrazione e/o nelle monografie di Farmacopea Europea.

Qualora i risultati analitici rilevassero delle difformità rispetto alle specifiche autorizzate e i pareri dell’ISS avessero esito non favorevole, l’AIFA ne dispone il divieto di vendita e di utilizzo e il ritiro dal commercio.




La vigilanza sui vaccini


L’AIFA è l’autorità competente in Italia per il monitoraggio della sicurezza dei vaccini (e in generale, di tutti i prodotti medicinali autorizzati) durante l’intero ciclo vitale di ogni singolo prodotto (vaccino – vigilanza). Tale attività si basa essenzialmente sull’analisi delle segnalazioni di sospette reazioni avverse, raccolte tramite la Rete Nazionale di Farmacovigilanza e il sistema europeo di farmacovigilanza EudraVigilance. Un ulteriore database utilizzato per la sorveglianza dei vaccini e dei medicinali in genere è il sistema VigiBase dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO).

Questi database sono interconnessi fra loro in maniera tale che le segnalazioni di sospetta reazione avversa rilevate a livello nazionale possano contribuire a rifornire il sistema europeo e globale per poter disporre di dati più ampi di quelli che si possono raccogliere da una singola popolazione. È importante sottolineare che questa attività svolta a livello nazionale, infatti, si integra in un sistema più ampio di sorveglianza sia a livello europeo, in collaborazione con le altre Agenzie nazionali del farmaco dell’Unione, che mondiale.

L’analisi delle segnalazioni di sospetta reazione avversa consiste nella valutazione di tutti gli eventi che si vengono a verificare dopo la somministrazione di un vaccino, allo scopo di evidenziare possibili associazioni tra il prodotto somministrato e l’evento che si è verificato.

Le segnalazioni di sospetta reazione avversa che emergono nel corso degli studi clinici prima dell’autorizzazione del vaccino vengono prese in esame nella valutazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio: lo scopo è definire il rapporto beneficio-rischio di un prodotto. L’esito di questa valutazione è fondamentale non solo per la definizione delle controindicazioni, avvertenze ed effetti indesiderati da riportare nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) e nel Foglio Illustrativo (FI), ma anche per delineare proattivamente tutte le attività di monitoraggio della sicurezza del vaccino da condurre dopo la commercializzazione, nell’ambito di un piano di gestione del rischio (Risk Management Plan o RMP).

Sia le informazioni sul prodotto che il RMP possono essere modificati in qualunque momento dopo la commercializzazione, in base alle evidenze desumibili da ulteriori studi clinici condotti in seguito all’autorizzazione (fase IV) o dalle attività di farmacovigilanza svolte sia dall’azienda titolare dell’autorizzazione che dalle autorità regolatorie competenti.

Le aziende titolari dell’autorizzazione sono obbligate per legge a presentare regolarmente un rapporto periodico di sicurezza (Periodic Safety Update Report, PSUR) che deve essere valutato dalle agenzie regolatorie in ambito comunitario. Le autorità regolatorie come AIFA o EMA, invece, monitorano sistematicamente le segnalazioni di sospetta reazione avversa attraverso le attività di analisi del segnale e possono in ogni momento richiedere una rivalutazione della sicurezza di un vaccino o di un qualunque medicinale attraverso specifiche procedure a livello europeo.

In tal modo è possibile aggiornare costantemente il rapporto beneficio/rischio di ciascun vaccino e adottare le appropriate misure di sicurezza, ogni qualvolta l’attività di sorveglianza post-marketing rilevi informazioni significative su eventuali reazioni avverse già note o meno.

L’attività di vaccinovigilanza in Italia è effettuata da un gruppo di lavoro dedicato dell’AIFA, al quale partecipano l’Istituto Superiore di Sanità, i Centri Regionali di Farmacovigilanza, il Ministero della Salute e i referenti regionali della Prevenzione.

La valutazione della correlazione fra un evento avverso e un vaccino prevede:

  • la raccolta di tutti i dati presenti nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza
  • l’integrazione con dati clinici e non-clinici presenti in letteratura
  • la valutazione della probabilità che il vaccino possa aver causato l’evento nel singolo caso (nesso di causalità)
  • la validazione del segnale effettuata prima a livello nazionale e poi a livello europeo dal Comitato di Valutazione del Rischio in Farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA

Se il segnale evidenziato ha un impatto particolarmente rilevante sul rapporto beneficio-rischio, per esempio per gravità o per frequenza, il singolo Stato membro che solleva il segnale o il PRAC possono decidere di valutare l’eventuale rischio con altre procedure.

In ogni caso, il PRAC valuta tutti i dati disponibili (quelli forniti dalle aziende o presenti nei database di farmacovigilanza nazionali, europeo e dell’OMS) e le evidenze scientifiche pubblicate in letteratura, per stabilire un’eventuale correlazione e quanto questa sia chiara.

Le raccomandazioni fornite dal PRAC vengono inoltre sottoposte al vaglio di altri comitati dell’EMA, possono avvalersi dell’opinione di un comitato di esperti appositamente convocato e infine devono essere approvate dalla Commissione Europea. Tali raccomandazioni vengono periodicamente pubblicate sul sito dell’EMA, a disposizione di tutte le parti coinvolte, e comunicate dalle singole autorità regolatorie nazionali.

Tutte le valutazioni di sicurezza e le relative decisioni che possono modificare le informazioni relative a un vaccino si basano su un principio di precauzione, in base al quale si attribuisce il valore di rischio anche a fattori ed eventi non ancora chiaramente definiti.

Un evento avverso che risulta potenzialmente o chiaramente correlato all’uso del vaccino deve essere riportato nelle informazioni del prodotto (RCP e FI), nelle sezioni relative alle reazioni avverse e/o nelle sezioni relative alle avvertenze o alle controindicazioni e può comportare una variazione del piano di gestione del rischio.

Eventi avversi gravi o molto frequenti possono alterare il rapporto beneficio/rischio di un vaccino in maniera sufficiente a indurre l’autorità regolatoria a sospendere in attesa di un approfondimento o addirittura revocare l’autorizzazione all’immissione in commercio e a imporre il ritiro dal commercio.

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